Il Fisco non può inventare redditi che non esistono: sì al lavoro gratis per amici e parenti

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La Cassazione respinge il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che pretendeva di sanzionare un consulente per mancate fatture a fronte di prestazione gratuite.

La sentenza n. 21972/2015 depositata il 28 ottobre scorso, dalla sezione tributaria della cassazione, ha respinto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un consulente fiscale che non aveva emesso fatture per circa settanta clienti, in quanto aveva prestato la propria opera gratuitamente.

Il fisco emetteva avviso di accertamento chiedendo all’uomo di pagare imposte, sanzione e interessi, ritenendo impossibile che l’attività non fosse remunerata.

La cassazione ha ritenuto plausibile la “gratuità dell’opera svolta” dal professionista, in considerazione dei rapporti di parentela e di amicizia con gli stessi clienti, tesi sostenuta anche dal fatto che il 70% di tali soggetti risultano soci di società di persone, la cui contabilità è seguita dal contribuente.

Inoltre la prestazione gratuita è giustificata dalla circostanza, “accertata oltre che pacifica”, che l’attività svolta in loro favore, riguardava soltanto l’invio telematico delle dichiarazioni dei redditi ed era finalizzata all’incremento della clientela.

In buona sostanza nulla deve il contribuente.

 

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