Matrimonio annullato a causa del Coronavirus: la sposa ha diritto di richiedere indietro la caparra versata per l’acquisto dell’abito?

Il caso

Una società vende abiti da sposa in Toscana.

Una cliente di questa, residente in Lombardia, in vista del proprio matrimonio fissato per il mese di luglio 2020, versa la caparra per l’acquisto dell’abito da sposa ma poi è costretta ad annullare la celebrazione a motivo della situazione di incertezza che ancora imperversa nel nostro paese a causa del Coronavirus.

Chiede indietro la caparra ma il negozio si rifiuta.

È legittima la pretesa avanzata dalla cliente?

Il nostro parere

Nel caso di specie si ritiene fondata la pretesa avanzata dalla cliente.

Anzitutto non si può dubitare che l’emergenza sanitaria legata alla diffusione dell’epidemia da Covid-19 che tuttora colpisce il nostro paese assuma i contorni di “evento di natura imprevedibile ed eccezionale” tale da costituire effettivamente causa di esonero da responsabilità.

Dall’altro lato è vero pure che alla cliente, vivendo in Lombardia, è preclusa la possibilità di spostarsi per raggiungere il territorio di altre regioni (nella specie la Toscana) ed è altrettanto ragionevole ritenere che passerà parecchio tempo prima che la regione Lombardia – tra tutte, quella maggiormente colpita dall’emergenza sanitaria – autorizzi gli spostamenti verso le altre regioni.

La cliente del caso si trova dunque nell’impossibilità (di diritto) di recarsi presso il negozio toscano per effettuare la prova dell’abito, le eventuali modifiche sartoriali, il ritiro del vestito dietro pagamento del prezzo e, conseguentemente, anche al negozio è impedito adempiere correttamente la propria prestazione entro i termini originariamente convenuti.

Tale situazione di impossibilità è destinata a perdurare per un tempo indefinito.

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1256, comma 2, c.c. l’obbligazione  del debitore – nella specie quella del negozio di provvedere alla consegna dell’abito da sposa dietro pagamento del prezzo – si estingue, tra gli altri, anche nel caso in cui, a fronte di un’impossibilità anche semplicemente “temporanea”, questa si protrae fino al punto da far scemare l’interesse del creditore a conseguirla, rappresentato, nel caso in esame, dall’interesse della cliente ad acquistare l’abito in questione in vista del proprio matrimonio, originariamente fissato per il mese di luglio 2020.

Quest’ultima circostanza risulta avere rilievo dirimente nella soluzione del caso in esame: l’acquisto dell’abito, infatti, è da considerare causalmente legato all’evento matrimonio. Non celebrandosi più il matrimonio, per motivi di natura eccezionali ed imprevedibili, automaticamente viene meno la causa concreta del contratto avente ad oggetto l’acquisto dell’abito da sposa.

La giurisprudenza ha parlato a tal fine di “impossibilità di utilizzo della prestazione” in essa ricomprendendovi tutti i casi in cui, pur essendo ancora possibile la prestazione in astratto, il venir meno della possibilità che essa realizzi lo scopo dalle parti perseguito con la stipulazione del contratto implica il venir meno dell’interesse creditorio alla prestazione.

Sulla base di tali premesse si ritiene che il negozio, in applicazione dell’art. 1463 c.c., sia tenuta a restituire la caparra già ricevuta.

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